Studio Legale Mongiovì

Informazione giuridica a cura dell'Avv. Danilo Mongiovì

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La separazione personale dei coniugi





Indice

Cosa è la separazione personale dei coniugi?

La separazione di fatto

Gli effetti della separazione dei coniugi

La separazione consensuale

La separazione giudiziale

La trasformazione della separazione

Gli effetti patrimoniali della separazione

L'abitazione familiare

L'assegno di mantenimento

L'affidamento dei figli

La modificazione delle condizioni della separazione

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Il legislatore ha previsto la separazione per tutti quei casi in cui all’interno del matrimonio si verificano alcuni accadimenti che “rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio alla prole” - art.151, c.1, c.c. (incompatibilità caratteriale insuperabile, fatti esterni ed imprevedibili al momento della celebrazione del matrimonio, etc….).

La separazione personale dei coniugi è un istituto che ha l'effetto di sospendere molti degli obblighi personali e patrimoniali inerenti ai rapporti tra i coniugi, senza tuttavia sciogliere definitivamente il matrimonio (ciò avviene solo con il divorzio). Essa ha carattere tendenzialmente temporaneo. Ciò significa che pone i coniugi in una situazione transitoria destinata ad evolversi o nel divorzio o nella riconciliazione. Tuttavia, la situazione di separazione personale può anche potrarsi indefinitamente, se nessuno dei due coniugi decide di procedere al divorzio nè la coppia si riconcilia.
La separazione personale legale dei coniugi è dichiarata da un giudice.


Quando la coppia si separa senza, tuttavia, rivolgersi al giudice, allora si ha la "separazione di fatto". Questo tipo di separazione non produce l'effetto di sospendere gli obblighi matrimoniali. In effetti, nel caso di separazione di fatto, per la legge è come se non ci fosse mai stata alcuna separazione (tranne rare eccezioni in tema di adozione e successione nel contratto di locazione). Le conseguenze possono essere dannose per i coniugi. Per esempio, non essendo sospesi, con la separazione di fatto, gli obblighi matrimoniali, l’allontanamento di uno dei coniugi dall’abitazione familiare, e dunque la violazione dell’obbligo di coabitazione, o l’instaurazione di relazioni extra-coniugali, in violazione del dovere di fedeltà, potrebbero essere motivo di addebito della separazione nelle ipotesi in cui solo uno dei coniugi volendo ottenere la separazione, si rivolga a tal fine al Giudice.
Inoltre il termine di tre anni per potere chiedere il divorzio comincia a decorre solo ed esclusivamente dal momento della separazione legale e non da quella di fatto.

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La separazione personale dei coniugi non pone fine al matrimonio e non fa venir meno lo status giuridico di coniuge ma incide solo su alcuni effetti del matrimonio. In particolare:


1) Si scioglie la comunione legale dei beni;
2) Cessa l’obbligo di fedeltà;
3) Cessa l’obbligo di coabitazione.

Sono invece fatti salvi altri effetti del matrimonio. In particolare:

1) Dovere di contribuire nell’interesse della famiglia;
2) Dovere di mantenere il coniuge più debole;
3) Dovere di mantenere, educare ed istruire la prole.

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Si ha separazione consensuale quando marito e moglie decidono di separarsi di comune accordo e regolamentano tutte le “questioni matrimoniali” (diritti patrimoniali, mantenimento del coniuge debole, diritti di visita dei figli, mantenimento della prole, assegnazione della casa coniugale).
La separazione consensuale ha inizio con il deposito del ricorso, al quale segue un'udienza dinanzi al Presidente del Tribunale, nella quale i coniugi devono comparire personalmente per il tentativo obbligatorio di conciliazione ed a seguito della quale il Presidente del tribunale potrà adottare gli eventuali provvedimenti che riterrà necessari ed urgenti.
È da questa data che decorre il termine di tre anni per poter richiedere il divorzio.
Successivamente, se gli accordi sono ritenuti equi e non pregiudizievoli per i coniugi e soprattutto per la prole, il Tribunale omologa con decreto le condizioni stabilite consensualmente dai coniugi, determinando così la separazione.
Le condizioni stabilite in sede di separazione consensuale potranno comunque essere in seguito modificate o revocate nell’ipotesi in cui sopravvengano fatti nuovi che mutino la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

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Alla separazione giudiziale si fa ricorso nel caso in cui non vi sia accordo tra i coniugi sul fatto di chiedere la separazione o su tutte o alcune delle condizioni della separazione. Questo tipo di separazione può essere quindi richiesta anche da uno solo dei due coniugi.
In caso di separazione giudiziale è anche possibile richiedere l'addebito della separazione, che consegue all’accertamento da parte del Tribunale che la cessazione del rapporto matrimoniale sia dovuto della violazione da parte di uno dei coniugi degli obblighi matrimoniali (fedeltà, coabitazione, cura della prole, etc…). Nel caso in cui l'addebito sia riconosciuto dal giudice a carico di uno dei coniugi, questi non ha diritto ad ottenere l'assegno di mantenimento e perde la maggior parte dei diritti successori.
La prima udienza del giudizio prevede la comparizione personale dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale ed a seguito della quale il Presidente del Tribunale potrà adottare gli eventuali provvedimenti che riterrà necessari ed urgenti. Successivamente, il procedimento si svolge secondo le forme del rito ordinario ed il provvedimento emesso a conclusione ha la forma di sentenza.
È pure riconosciuta la possibilità di dichiarare immediatamente la separazione tra i coniugi, con sentenza non definitiva, già in conseguenza alla prima udienza, in modo da poter poi proseguire il procedimento per decidere solo gli aspetti controversi. Ciò permette di poter richiedere il divorzio anche prima dell'emissione della sentenza definitiva che statuisce e disciplina i rapporti tra marito e moglie.

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Qualora si inizi una separazione giudiziale questa, anche in corso di causa, può essere trasformata in separazione consensuale. Non può invece accadere il contrario, e deve avviarsi una nuova procedura.
Le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale potranno essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi che mutino la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

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La separazione, tanto consensuale quanto giudiziale, determina anzitutto lo scioglimento dell'eventuale regime di comunione legale dei beni.
In caso di separazione consensuale, sono gli stessi coniugi a regolamentare i loro rapporti patrimoniali con un accordo che verrà poi omologato dall'autorità giudiziaria. Il contenuto dell'accordo potrà avere ad oggetto: la divisione di beni comuni, l'assegnazione ad uno dei coniugi di beni di proprietà comune o esclusiva dell'altro coniuge, il riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore del coniuge debole.

In caso di separazione giudiziale, nella quale non si ha un accordo sulle questioni patrimoniali, si ha solo lo scioglimento dell'eventuale regime di comunione legale e tutti i beni restano di proprietà comune o esclusiva dei coniugi.

Questo significa che tutti gli acquisti effettuati dopo la separazione non saranno più coperti dal regime di comunione, mentre i beni acquistati prima della separazione, restano in comunione (con varie eccezioni). I coniugi, quindi, dopo la separazione potranno trovare un accordo su come dividersi i beni che sono rimasti comuni. Se non trovano questo accordo dovranno fare una ulteriore causa, alla fine della quale sarà il giudice a dividere i beni, secondo legge.

Sono fatti salvi i provvedimenti indispensabili all’interesse della prole (ad es. l'assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario dei figli, anche se non proprietario, o l'obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per i figli o per il coniuge economicamente più debole).
A chi è separato spetta una parte della pensione di reversibilità, poiché non è venuto meno giuridicamente lo status di coniuge.

Per ciò che riguarda i diritti successori, il coniuge separato è equiparato a tutti gli effetti al coniuge non separato, salvo il caso in cui al coniuge superstite sia stata addebitata la separazione.

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A seguito di separazione, l'abitazione familiare viene di regola assegnata dal giudice al coniuge affidatario dei figli, se ve ne sono, e comunque sempre nell’interesse prioritario della prole, anche rispetto agli interessi personali dei coniugi.
Dell'assegnazione della casa familiare il Giudice tiene pure conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui il coniuge assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento del Giudice con cui viene disposta l'assegnazione della casa coniugale può essere trascritto ai sensi dell'art. 2643 c.c. al fine di renderlo opponibile a terzi (ad es. nel caso in cui il genitore non assegnatario venda a terzi l'abitazione di sua proprietà esclusiva, Corte Cost. sent. n. 54/1989).
Nel caso in cui l'abitazione familiare sia in locazione, al conduttore succede per legge l'ex coniuge assegnatario.
Qualora non vi siano figli, salvo diverso accordo, la casa familiare non può venire assegnata esclusivamente ad uno dei coniugi. In questo caso, se di proprietà comune, si potrà richiedere la divisione giudiziale dell'immobile, se di proprietà esclusiva, rientrerà nella sfera di disponibilità esclusiva del coniuge proprietario.

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Al momento della separazione, il Giudice può stabilire che uno dei due coniugi corrisponda un assegno di mantenimento all'altro, ma solo ed esclusivametne se a quest'ultimo non è addebitabile per colpa la separazione e sempre che vi siano i requisiti reddituali (art. 156, 1°co. c.c.). L'assegno serve a garantire a chi lo riceve di godere dello stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, sempre che il coniuge obbligato abbia la possibilità economica di versarlo.

Il mantenimento è, di regola, corrisposto mensilmente ed il coniuge che ha diritto a riceverlo può rinunciarvi.
In caso di mancato adempimento dell’obbligo di mantenimento, il beneficiario potrà richiedere che venga ordinato a terzi debitori dell'altro coniuge (es. al datore di lavoro del coniuge obbligato) il versamento della somma dovuta.

Il provvedimento con cui il Giudice dispone la corresponsione dell'assegno di mantenimento può in ogni tempo essere modificato e revocato qualora vi siano giustificati motivi o intervengano fatti nuovi.

Il coniuge a cui è addebitata la separazione non ha diritto al mantenimento, ma avrà comunque diritto agli alimenti (che a differenza del mantenimento corrispondono ad una somma sufficiente a permettere la sussistenza) quando versi in uno stato di particolare indigenza e povertà (art. 156, 3° co. c.c.).

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In caso di separazione personale dei coniugi, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare i rapporti con i parenti di entrambi.

Pertanto, in sede di separazione e salvo diverso accordo tra i coniugi (nella separazione consensuale, generalmente, sull'affidamento dei figli i coniugi sono in accordo), il Giudice deve valutare la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (affidamento condiviso), oppure stabilire a quale genitore affidare i figli (affidamento esclusivo), sempre e comunque considerando l'esclusivo interesse della prole.

Il Giudice determina inoltre quando e come i figli devono stare presso ciascun genitore, ed il loro mantenimento, cura, istruzione ed educazione.
Il coniuge affidatario in via esclusiva avrà la potestà sui figli oltre all'amministrazione e l'usufrutto legale sui loro beni.
Il genitore divorziato non affidatario conserverà l'obbligo (ma anche il diritto) di mantenere, istruire ed educare i figli.

Il genitore non affidatario è tenuto a versare un assegno di mantenimento per la prole.
L'assegno viene versato mensilmente e devono essere corrisposte anche le somme relative alle spese considerate straordinarie (ad es. quelle scolastiche, ricreative, mediche, sportive o per le vacanze). L'importo, per legge, deve essere rivalutato annualmente secondo gli indici ISTAT.

Il Giudice può anche stabilire un assegno a favore dei figli maggiorenni, da versare a loro direttamente, quando non abbiano adeguati redditi propri.

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La modifica delle condizioni di separazione può essere chiesta qualora si verifichino nuove circostanze di fatto e di diritto che la giustifichino, dal momento che i provvedimenti adottati dal Giudice in sede di separazione non hanno carattere decisorio e sono per loro natura sempre modificabili, sia relativamente all'assegno di mantenimento, che alla prole ed alla casa familiare.

La modificazione può avvenire anche se uno dei due coniugi ha raggiunto una maggiore stabilità economica, e dunque un incremento di reddito, rispetto a quella goduta durante il matrimonio, e può essere chiesta sia nel caso di separazione giudiziale che consensuale.

La modificazione delle condizioni di separazione può avvenire anche concordemente tra i coniugi, mediante un accordo stragiudiziale o con un ricorso giudiziale congiunto.
Anche i provvedimenti relativi ai figli possono essere sempre rivisitati sulla base del maggior interesse per la prole.

Qualora il coniuge affidatario si trasferisca all'estero con la prole, senza aver prima ottenuto il consenso dell'altro coniuge, il coniuge non affidatario potrà richiedere legittimamente la revisione delle condizioni precedentemente stabilite (oltre alla possibilità di denunciare il fatto alle competenti autorità giudiziarie in sede penale).

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Commenti

sono separato consensualmente da 4 anni,ora ho preso in affitto un appartamento tutto per me utenze comprese,ora vorrei togliere la mia ex moglie dal mio conto bancoposta (già le ho annullato il bancomat),lei non vuole il divorzio perchè se dovessi morire prima io non avrebbe diritto alla riversibilità della pensione,ma voglio toglierla definitivamente dal conto "bancoposta",posso farlo e come devo fare,il giudice il 20 marzo scorso mi ha dato ragione e quindi non le passo più alcun mantenimento,posso distaccarmi definitivamente da lei? grazie per il tempo che vorrà dedicarmi,distinti ossequi nino

Non può unilaterlamente escludere sua moglie dal conto cointestato. In questi casi si deve chiudere il conto esistente ed aprirne due mono-intestati. Se sua moglie si rifiuta di farlo, si può rivolgere al giudice. Consideri, comunque, che le somme depositate su un conto cointestato si presumono appartenere ai cointestatari per il 50% l'uno, salvo prova contraria.

egregio avvocato
in data 20/06/2012 ho ricevuto una cartella esatoriale comprendente alcuni bolli non pagati , le trascrivo brevemente gli anni e la data di notifica.
1997 notificato il 10/03/2003
2002 04/11/2008
2003 26/06/2009
2005 20/08/2010
2006 11/07/2011
a parte che sul sito dell'agenzia risulta pagato quello del 2002 , le chiedo : cha validità hanno le date di notifica fatte abbondantemente oltre i 3 anni previsti per la prescrizione ? non ricordo se nel frattempo ho ricevuto altri avvisi se esistono diversamente dalla notifica , mi spiego : è possibile che l'ente creditore possa aver mandato altri avvisi prima della notifica stessa .

Salve, volevo chiedere delucidazioni su una questione. L'ex moglie (cioè separata ma non divorziata ancora) dal mio attuale compagno, in sede di separazione ha lasciato scritto in tribunale che avrebbe rinunciato alla casa (lei è sia cointestataria della casa che del mutuo). Ha pagato qualche rata del mutuo e poi niente. Ora dopo due anni pretende di avere quota della casa su cui pende ancora il mutuo che viene pagato SOLO dal mio compagno. Non ha nessuna validità quella "rinuncia" in sede di separazione? Inoltre,le spetta davvero una quota per la casa? come procedere contro questa ingiustizia? grazie, cordiali saluti!!

Salve,mio marito mi ha lasciata 2mesi fa..abitavamo temporaneamente in una casa di proprità di mia madre con nostra figlia di soli 2anni;dopo che lui mi ha lasciata mi sono trasferita con la bambina dai miei genitori sia per una questione di aiuto morale sia perchè mia figlia avrebbe avuto come infatti ha un clima di amore e serenità continuo e sia perchè non riuscivo io da sola a mantenere me e la bambina.
anche questa per me e la bambina è solo una situazione temporanea e di aiuto da parte dei miei,in quanto vorrei cercare casa in affitto e tal proposito volevo chiederle se nel caso di separazione consensuale posso chiedere a mio marito il versamento di metà dell'affitto.
nell'attesa di ricevere una sua risposta la saluto cordialmente.

Si può certamente trovare un accordo in tal senso in sede di separazione consensuale.

Buongiorno, ho trovato praticamente ovunque i diritti dell'assegnatario casa familiare ma mai i doveri, aldilà di quello relativo al pagamento delle spese condominiali. Vorrei sapere, se possibile, cosa la legge stabilisce come dovere dell'assegnatario casa familiare in caso di cessazione di convivenza more uxorio quando la casa viene affidata per presenza di figli minori. In particolare:
relativamente al pagamento IMO
relativamente al possesso o meno delle chiavi dell'abitazione da parte del convivente non affidatario dei minori ma proprietario esclusivo dell'immobile
relativamente ad eventuali visite "di controllo" da parte del medesimo per verificare che non siano state apportate modifiche sostanziali non autorizzate all'immobile
relativamente al fatto che l'assegnatario/a possa ospitare senza previo consenso del proprietario (ex convivente) terzi nella casa assegnata
Ringrazio anticipatamente e suggerisco di pubblicare queste informazioni giacchè introvabili.
Cordiali saluti.
Eliana

L'imu è a carico dell'assegnatario per espressa disposizione di legge: art. 9 comma 1 del DLgs. 23/2011. (mentre la vecchia ici era a carico del proprietario).

Il proprietario non ha alcun diritto a tenere le chiavi dell'abitazione. Se comunque le ha tenute non può entrare nella casa senza il consenso dell'assegnatario e comunque l'assegnatario può cambiare la serratura.

Infatti, detta in parole semplici, quella è casa dell'assegnatario (un po' come una casa in affito è casa dell'inquilino anche se di proprietà di altri) e nessuno può entrare in casa di altri senza consenso.

Da quanto sopra, deriva che non tocca al proprietario nessun diritto di effettuare visite di controllo senza il consenso dell'assegnatario. Se l'assegnatario procura dei danni alla casa, il proprietario potrà chiedere il risarcimento nelle opportune sedi.

In casi eccezionali, tuttavia, il proprietario può avere diritto all'accesso per effettuare riparazioni urgenti.

Mi sembra abbastanza ovvio, infine, che a casa propria (sia di proprietà, in affitto o assegnata da un giudice) ognuno ospiti chi vuole...

Tenga sempre presente, comunque, che il diritto di abitazione viene meno se l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Il venir meno del diritto, comunque, non è automatico, ma è sempre necessario un apposito provvedimento del giudice.

Il 24/01/2005 con sentenza del Tribunale di Modena è stata emessa sentenza di separazione giudiziaria, dopo la prima ubienza fissata 4 mesi dopo tutto è rimasto fermo, non ho ricevuto alcuna convocazione per udienza successive e non sò se a causa della mancata comunicazione da parte del legale o cosa.
Fatto sta che ad oggi, avendo cambiato legale a causa di decesso del precedente, volendo chiedere il divorzio con una consensuale il mio avvocato mi ha riferito che bisogna ricominciare tutto l'iter da capo.
è dal 2005 che io e mio marito non viviamo più sotto lo stesso tetto e ognuno ha la sua vita vogliamo entrambi il divirzio.
Non è stato chiesto prima per ragioni economiche....
E' possibile che dobbiamo aspettare altri 3 anni?

Le consiglio di parlarne con il suo avvocato. Non si può dare alcun consiglio sulla base di informazioni così vaghe su un caso complesso.

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