Studio Legale Mongiovì

Informazione giuridica a cura dell'Avv. Danilo Mongiovì

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La contestazione della relata di notifica e la querela di falso



La contestazione della notifica dell’ufficiale giudiziario
Si segnala la recente pronuncia n. 9793 del 13.5.2015 con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha reso un’interessante pronuncia identificando quali elementi contenuti nella notifica dell’ufficiale giudiziario sono contestabili esclusivamente a querela di falso e quali per mezzo di mera prova contraria.
Chi riceve la notifica di un atto a mezzo ufficiale giudiziario può infatti avere interesse a contestarla per svariati motivi, ad esempio perchè l’atto è stato consegnato ad un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto riceverlo.
Tuttavia la notifica è contestabile entro alcuni limiti, derivanti dalla qualifica dell'ufficiale giudiziario e dalla natura giuridica della relata di notifica. Ed infatti al momento della notifica di un atto l’ufficiale giudiziario è un pubblico ufficiale nell’sercizio delle proprie funzioni e, di conseguenza, la notifica è un atto pubblico.
In relazione all’efficacia dell’atto pubblico l’art. 2700 c.c. prevede: “L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Occorre tuttavia distinguere tra i fatti che avvengono alla presenza dell'ufficiale giudiziario e le dichiarazioni rese all'ufficiale giudiziario.
La relata dell'ufficiale giudiziario notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario e consegnatario dell'atto notificato, per tale ragione la parte interessata potrà fornire con ogni mezzo prova ad esse contraria, senza dover proporre querela di falso.
Occorre tuttavia precisare che, al fine di contestare l’affermazione contenuta nella relata di "incaricato alla ricezione degli atti" non può essere ritenuta prova contraria idonea la dichiarazione scritta del soggetto che ha ricevuto l’atto di non aver mai ricevuto l'incarico di ricevere atti inviati a quell'indirizzo, dal momento che tale dichiarazione proviene da un soggetto che potrebbe avere interesse ad invalidare la notifica per venir meno ad eventuali responsabilità a suo carico.
Allo stesso modo, non può ritenersi sufficiente a vincere la presunzione che il consegnatario sia incaricato della ricezione degli atti diretti al destinatario della notifica la prova, da parte di quest'ultimo, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato del consegnatario alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario.
In difetto della proposizione della querela di falso non sarebbero invece più contestabili:
la certificazione dell'avvenuto svolgimento di ricerche anagrafiche;
l'attestazione dell'identità del destinatario che ha ricevuto l'atto, dal momento che l’ufficiale giuridiziario svolge direttamente l’attività di identificazione di tale soggetto;
la dichiarazione del soggetto che ha ricevuto l’atto di rivestire la qualità di "incaricato ivi addetto alla ricezione degli atti";
la sottoscrizione di chi riceve l’atto, apposta accanto al nome;
la sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario, le sue generalità, la qualifica e la sede di servizio;
la data ed il luogo in cui tali attività sono state compiute.
Segue il testo della sentenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fatto
1. M.L. è stata dipendente dell'Istituto S.M. dal 3/11/1998 al 13/8/2007 come insegnante di scienze naturali, chimica e geografia; in data 3/8/2007 ha ricevuto comunicazione di risoluzione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età, sul presupposto che ella non avesse esercitato il diritto di opzione per la prosecuzione dell'attività lavorativa, ai sensi dell'art. 76 del contratto AGIDAE.
2. La M. ha impugnato il licenziamento deducendo di aver comunicato verbalmente nel giugno del 2003 la sua volontà di proseguire l'attività lavorativa fino al raggiungimento del 65 anno di età; che in forza di tale comunicazione ella aveva continuato a lavorare fino al 2007, ovvero per tre anni dopo la maturazione dell'età pensionabile (raggiunta al 60 anno), e ciò costituiva manifestazione tacita della volontà dell'istituto di ritenere valida la sua comunicazione. Ha quindi chiesto la declaratoria di inefficacia o illegittimità del recesso e la reintegrazione nel posto di lavoro, con le consequenziali pronunce risarcitorie, compreso il danno morale, da liquidarsi in via equitativa.
3. Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda ma la sentenza, su appello della M., è stata riformata dalla Corte d'appello di Roma che, con sentenza depositata in data 25/8/2011 ed in parziale accoglimento della domanda proposta dalla ricorrente, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento e ha condannato l'Istituto S.M. al pagamento in favore dell'appellante delle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data dell'illegittimo recesso sino al compimento del 65 anno di età, oltre accessori di legge, nonchè al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo. Ha invece escluso il diritto dell'appellante alla reintegrazione nel posto di lavoro sul presupposto ella aveva da tempo compiuto i 65 anni di età (e ciò il 15/1/2009), oltre i quali riteneva non operasse più la stabilità reale. Ha altresì aggiunto che la ricorrente, sin dal ricorso introduttivo, aveva rivendicato il diritto a svolgere l'attività lavorativa solo fino alla detta età, così manifestando espressamente la sua volontà di escludere il diritto alla reintegrazione.
4. Contro la sentenza la M. propone ricorso per cassazione fondato su sette motivi. L'Istituto S.M. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato, fondato su tre motivi, cui si oppone la M. con controricorso. Le parti depositano memorie difensive.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In via prioritaria, la Corte riunisce i ricorsi ex art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2. Nel ricorso incidentale l'Istituto S.M. solleva due eccezioni preliminari riguardanti l'inammissibilità del ricorso principale: a) la prima concerne la mancata sottoscrizione del ricorso per cassazione da parte entrambi difensori, risultando il ricorso sottoscritto solo dall'Avvocato V., e non anche dall'Avvocato G., cui la M. ha conferito il mandato "in unione"; b) la seconda eccezione è relativa alla validità del ricorso per decorrenza dei termini impugnazione. Il controricorrente assume che la sentenza d'appello è stata notificata, ai sensi degli artt. 285 e 170 c.p.c., in data 27/10/2011 all'Avvocato G., nella qualità di procuratore costituito della M. nel giudizio di secondo grado, alla via O. in Roma. Il ricorso per cassazione, notificato il 28 febbraio 2012, è pertanto inammissibile per tardività, essendo stato notificato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza.
3. Ancora, nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., l'Istituto S. M. rileva l'inammissibilità per tardività del controricorso della M., sul presupposto che il ricorso incidentale condizionato è stato notificato al difensore della M., avv. G, nel domicilio eletto, il 12/4/2012, mentre il controricorso è stato notificato il 23/5/2012, e dunque oltre il termine fissato dagli artt. 370 e 371 c.p.c..

3.1. Quest'ultima eccezione, che è necessario delibare prima di ogni altra questione, in considerazione delle articolate e pregnanti difese svolte dalla ricorrente nel controricorso al ricorso incidentale in merito all'eccezione di tardività del ricorso per cassazione, è senz'altro infondata. Ed invero, a fronte della notificazione del controricorso dell'Istituto, pacificamente avvenuta in data 12/4/2012, mediante la consegna dell'atto al portiere dello stabile, il controricorso della M. è stato consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica all'Istituto il 22/5/2012, ossia nel rispetto del termine di 40 giorni dalla notifica del controricorso.
3.2. E', infatti, il momento della consegna dell'atto ufficiale giudiziario che segna il dies a qua al quale occorre aver riguardo ai fini di stabilire la tempestività della notificazione del controricorso. Tanto in ossequio alle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e 154 del 2005, in forza delle quali, per effetto del principio della scissione fra il momento del perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, con la conseguenza che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all'inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica andava effettuata (cfr. Cass., Sez. Un., 4 maggio 2006, n. 10216, seguita, fra le tante, da Cass., 19 ottobre 2006, n. 22480; Cass., 19 marzo 2007, n. 6360).
4. Va quindi esaminata con priorità, in ragione del suo carattere potenzialmente assorbente di ogni altra questione, l'eccezione di tardività del ricorso principale.
4.1. Nel controricorso al ricorso incidentale, la M. contesta l'avvenuta notificazione della sentenza d'appello e deduce di aver appreso occasionalmente di tale notifica solo in data 17/1/2012. A tal fine espone che dalla relata di notifica risulta che l'atto è stato recapitato alla via O., in Roma, effettivo domicilio dell'avvocato G., e risulta ricevuto da tale B. D., indicato quale "incaricato ivi addetto alla ricezione degli atti". Queste ultime due attestazioni dovevano, tuttavia, ritenersi contrarie alla realtà, poichè il signor B. all'epoca della notifica risiedeva alla via (OMISSIS), dove prestava attività di portiere, alle dipendenze del medesimo condominio. L'assenza di un qualsivoglia legame tra il consegnatario dell'atto notificato ed il domicilio o la persona dell'avvocato G., rendeva affetta da nullità la notifica, la quale, in mancanza del destinatario o di persona di famiglia o addetta alla casa o del portiere o di altre persone autorizzate a ricevere l'atto, diverse dal destinatario, avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell'art. 140 c.p.c. Ha quindi trascritto nel controricorso (e depositato unitamente allo stesso) una dichiarazione resa dal B., in cui si attestano le predette circostanze, ossia che non egli dimorava presso lo stabile di via (OMISSIS), non aveva mai ricevuto l'incarico di ricevere o ritirare atti giudiziari indirizzati a quell'indirizzo o all'avvocato G., non aveva mai sottoscritto relate di notifica relative ad atti indirizzati all'avvocato G. alla via (OMISSIS), non era familiare o convivente o addetto allo studio del detto professionista.
4.2. Nello stesso controricorso la M., dopo aver indicato una serie di profili di nullità della notificazione (per violazione dell'art. 140 c.p.c. per mancata sottoscrizione della ricevuta da parte del terzo consegnatario, per violazione del D.L. n. 196 del 2003, art. 174 per mancata sottoscrizione della relazione da parte dell'ufficiale giudiziario e "incomprensibilità della data della relata"), ha chiesto di essere autorizzata a presentare, nel corso del presente procedimento, querela di falso, al fine di contrastare l'efficacia probatoria della relazione di notificazione ed ha chiesto che la causa sia rimessa al tribunale per la decisione sulla querela, con la sospensione del presente giudizio ex art. 295 c.p.c..
4.3. Benchè il controricorso al ricorso incidentale condizionato sia stato correttamente sottoscritto anche dalla ricorrente di persona, al fine di proporre la querela di falso e impugnare il documento indicato col n. 2 della produzione dell'Istituto S.M. (copia autentica della sentenza impugnata, notificata in data 27/10/2011), all'udienza di discussione la parte non è comparsa personalmente e non ha pertanto proposto la querela. L'art. 221 c.p.c., comma 2, prescrive che la querela in corso di causa debba essere proposta "con dichiarazione da unirsi al verbale d'udienza". Quando è proposta nel procedimento di legittimità (nei limiti in cui in essa è ammissibile: v. per tutte, Cass.,16 gennaio 2009, n. 986) deve ritenersi, con adattamento della previsione normativa alle peculiarità del giudizio di cassazione, che essa avvenga in udienza, ossia in un momento che garantisce la diretta interlocuzione fra le parti ed il giudice e che immediatamente impone la presenza del pubblico ministero per la redazione del relativo processo verbale (art. 222 c.p.c.), mentre resta esclusa la possibilità che alla proposizione dell'istanza si proceda mediante un deposito in cancelleria (in tal senso, Cass., ord., 23 luglio 2010, n. 17465).
5. Ora, poichè la relata di notifica costituisce un atto pubblico, in quanto proviene da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, le attestazioni di essa, inerenti alle attività che l'ufficiale giudiziario certifica di avere eseguito, le dichiarazioni da lui ricevute (limitatamente al loro contenuto estrinseco ed indipendentemente dalla loro veridicità sostanziale) ed i fatti avvenuti in sua presenza, risultanti dall'atto da lui compilato, con le richieste modalità, nel luogo in cui è formato e che trovano riscontro nella relazione prevista dall'art. 148 c.p.c., sono assistite da fede pubblica privilegiata, ex art. 2700 c.c. (Cass., 9 giugno 1987, n. 5040; Cass., 1 giugno 1999, n. 5305; Cass., 20 luglio 1999, n. 7763), per contrastare la quale l'unico strumento è la querela di falso, anche se l'immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell'ufficiale giudiziario (v. per tutte, Cass., 27 aprile 2004, n. 8032).
5.1.Ne consegue che, in difetto della proposizione della querela di falso (pure preannunciata dalla parte), non risultano più contestabili nel presente giudizio, in quanto assistite da tale fede privilegiata, l'attestazione dell'identità del destinatario che ha ricevuto l'atto (tale B.D.), trattandosi di circostanza frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale nella sua attività di identificazione del soggetto cui è rivolta la notificazione (cfr, con riferimento alla notificazione a mezzo del servizio postale, equiparabile quanto a poteri dell'agente notificatore, a quella effettuata a mezzo dell'ufficiale giudiziario, Cass., 23 luglio 2003, n. 11452; Cass., 1 marzo 2003, n. 3065; Cass., 4 febbraio 2014, n. 2421), le dichiarazioni da questo rese in ordine alla sua qualità di "incaricato ivi addetto alla ricezione degli atti" (Cass., 5 marzo 2014, n. 5220), la sottoscrizione apposta e riscontrabile, sia pure con una sigla, accanto al nome (Cass., 26 agosto 1975, n. 3014; Cass., 1 marzo 2003, n. 3065; Cass. 27 aprile 2004, n. 8032; Cass., 22 novembre 2006, n. 24852), la sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario apposta sul timbro contenente le sue generalità, la qualifica e la sede di servizio, la data (27 ottobre 2011) ed il luogo (via O. Roma) in cui le dette attività sono state compiute (Cass. 8 febbraio 2001, n. 1783; Cass. 1 marzo 2003, n. 3065; Cass.22 aprile 2005, n. 8500).
6. La relazione dell'ufficiale giudiziario notificante non fornisce invece la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario e consegnatario dell'atto notificato. Di conseguenza, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest'ultimo e la persona cui l'atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall'ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, sicchè in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso (cfr. fra le tante, Cass., 5 dicembre 2012, n. 21817; Cass., 7 marzo 2012, n. 3516; Cass., 24 luglio 2000, n. 9658; Cass., 20 luglio 1999, n. 7763; Cass., 9 giugno 1987,n. 5040; Cass., 22 maggio 1980,n. 3386).
6.1. Si è peraltro affermato che, con riguardo alla notificazione con consegna dell'atto persona a diversa dal destinatario, non sono necessari nè l'indicazione della qualifica di chi riceve in consegna l'atto, nè la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la persona addetta all'ufficio del destinatario di questo stesso, essendo invece sufficiente una situazione di comunanza di rapporti tali da far presumere che la prima porterà a conoscenza del secondo l'atto ricevuto (Cass., 8 gennaio 1987, n. 32; Cass., 26 novembre 1984, n. 6113).
6.2. Non rileva, pertanto, la circostanza che l'ufficiale giudiziario, nel caso in esame, non abbia specificato l'esatta qualifica della persona cui ha consegnato l'atto, e in particolare se gli fosse persona di famiglia o addetta alla casa o all'ufficio o all'azienda, o legata allo stabile da rapporto di portierato: è sufficiente, infatti, la sola dichiarazione di essere " incaricato ivi addetto alla ricezione degli atti", riportata nella relata della notificazione, senz'altro riferimento alle concomitanti funzioni connesse all'incarico di portierato, perchè sorga la presunzione legale ("iuris tantum") della qualità dichiarata, la quale per essere vinta abbisogna di rigorosa prova contraria da fornirsi da parte del destinatario. La carenza di tale prova comporta, in tema di adempimenti, l'applicazione della disciplina prevista dall'art. 139 cod. proc. civ., comma 2 e non di quella speciale fissata dal comma 4 della medesima disposizione, relativa alla notificazione a persone diverse dal destinatario. (Cass., 26 ottobre 2012, n. 18492; Cass., 24 novembre 2005, n. 24798; Cass., 27 ottobre 2000, n. 14191; Cass. 25 giugno 1999, n. 6602).
7. Nella specie, ritiene il Collegio che la prova offerta dalla ricorrente - e costituita dalla dichiarazione resa da B.D., depositata unitamente al ricorso, in cui questo attesta di non aver mai svolto attività lavorativa, nè con mansioni di portiere nè con prestazioni occasionali, presso il condominio di via (OMISSIS), e di non aver mai ricevuto l'incarico di ricevere atti inviati a quell'indirizzo o allo studio dell'avvocato G., ivi domiciliato -, non costituisce prova contraria idonea a superare la presunzione relativa al possesso, da parte del ricevente la notifica della sentenza di appello, della dichiarata qualità di soggetto incaricato della ricezione dell'atto, e non di mero portiere dello stabile ove è peraltro sito lo studio del destinatario, in quanto proveniente dal soggetto avente interesse all'invalidazione della notifica, anche al fine di sottrarsi ad eventuali responsabilità (in termini, Cass., 24 novembre 2005, n. 24798; v. pure Cass. n. 5220/2014).
8. Deve aggiungersi che, secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte, non può ritenersi sufficiente a vincere la presunzione che il consegnatario sia incaricato della ricezione degli atti diretti al destinatario della notifica la prova, da parte di quest'ultimo, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato del consegnatario alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario (in tal senso, Cass., Sez. Un., 19 novembre 1999, n. 793; Cass., 5 ottobre 1998, n. 9875; Cass., 10/01/2007, n. 239).
9. La carenza di prova idonea a superare la detta presunzione comporta l'applicazione alla fattispecie notificatoria della disciplina prevista dall'art. 139 cod. proc. civ., comma 2 e non di quella speciale fissata dal quarto comma della medesima disposizione, relativa alla notificazione a persone diverse dal destinatario, e neppure di quella prevista dall'art. 140 c.p.c. (Cass., 26 ottobre 2012, n. 18492; Cass., n. 24798/2005, cit).
10. L'ulteriore conseguenza è che tutte le questioni sollevate nel controricorso dalla M. ed inerenti alla nullità della notifica per violazione dell'art. 139 c.p.c., commi 2 e 3, e dell'art. 140 c.p.c., sono inammissibili.
11. In conclusione, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per tardività. Il ricorso incidentale condizionato deve invece essere dichiarato inefficace ai sensi dell'art. 334 c.p.c..
12. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali e altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2015.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2015



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