Studio Legale Mongiovì

Informazione giuridica a cura dell'Avv. Danilo Mongiovì

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Mancata notifica - effetti - nuova notifica



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Indice:
  • La non imputabilità alla parte
    • La notifica al procuratore costituito
  • La tempestività della nuova notifica
    • Un possibile termine preciso

In questo articolo spiegherò quali sono le conseguenze della mancata formalizzazione della notifica di un atto processuale, per la parte che l'ha richiesta.

In particolare indicherò quando la parte può evitare di incorrere in decadenze, o altri effetti negativi, a seguito del fatto che una notifica dalla stessa richiesta non sia andata a buon fine, e cosa deve fare per evitare la decadenza.

E' necessario, innanzitutto, che la mancata notifica non sia imputabile alla parte, cioè non sia riconducibile a colpa o mancata diligenza della stessa.

E' evidente ed ovvio, infatti, che se la notifica non è andata a buon fine per colpa della parte, quest'ultima non può in alcun modo evitare gli effetti negativi della mancata formalizzazione. Si pensi al caso in cui la parte che richiede la notifica non si preoccupi di verificare con la dovuta diligenza l'indirizzo al quale la notifica deve essere inviata.

Verificato il presupposto della non imputabilità della mancata formalizzazione alla parte, affinchè la decadenza sia evitata, è necessario inoltre che la parte stessa proceda ad una ri-notifica tempestivamente.

Vediamo più nel dettaglio.

La non imputabilità alla parte

In generale, alla parte che richiede la notifica di un atto è richiesto di assicurarsi dell'indirizzo presso il quale la notifica deve essere effettuata, controllando i pubblici registri, e quindi l'anagrafe o il registro delle imprese, o anche gli albi pubblici, nel caso di notifica a professionisti che siano iscritti negli albi, come gli avvocati.

Non è quindi imputabile alla parte la mancata notifica di un atto, se questa è stata tentata ad un indirizzo risultante da un pubblico registro.

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La notifica al procuratore costituito

La Corte di Cassazione, tuttavia, nel corso degli anni ha isolato alcuni principi particolari per il caso di notifica di un atto processuale al procuratore costituito.

E' necessario distinguere il caso in cui l'avvocato destinatario della notifica svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale dove si sta svolgendo il processo, dal caso in cui l'avvocato svolga le sue funzioni in un altro circondario e si avvalga di un domiciliatario.

Nel primo caso, la notifica deve essere effettuata all'indirizzo dello studio professionale risultante dall'albo e ciò anche se l'avvocato aveva indicato in giudizio un indirizzo differente. Si pensi al caso in cui il professionista cambi indirizzo dopo la costituzione in giudizio.
Ecco, se l'avvocato non comunica il mutamento di indirizzo in seno a quel particolare procedimento, si verificherà la situazione in cui agli atti del giudizio è indicato un certo indirizzo, ma esso non corrisponde più all'indirizzo effettivo dello studio.

In questo caso, la parte che abbia notificato all'indirizzo risultante dagli atti, invece che a quello risultante dall'albo, è da considerarsi non diligente ed è ad essa pertanto imputabile l'eventuale mancata notifica, con possibile decadenza o altro effetto negativo.

Questo avviene perchè, secondo la Corte di Cassazione, il procuratore che svolga le sue funzioni nel suo circondario non è obbligato a comunicare in giudizio i cambiamenti di indirizzo del suo studio. A rendere pubblico e sempre conoscibile ai terzi tale indirizzo, infatti, è sufficiente l'albo professionale.

E' bene quindi controllare sempre nell'albo l'indirizzo dell'avvocato al quale si deve notificare un atto processuale, per assicurarsi che, dopo la costituzione in giudizio, il professionista non abbia trasferito lo studio altrove.

Nel caso in cui, invece, l'avvocato appartenga ad un circondario differente e si avvalga di domiciliatario, vale il principio opposto, e cioè la notifica deve sempre essere effettuata all'indirizzo indicato negli atti processuali, anche se nel frattempo il domiciliatario ha trasferito lo studio.

Ciò avviene perchè, in questo caso, l'avvocato ha l'obbligo di comunicare in giudizio tutti gli eventuali mutamenti dell'indirizzo eletto.

Questi principi sono stati enucleati chiaramente nella Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 3818 del 2009.

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La tempestività della nuova notifica

Verificato il presupposto della non imputabilità della mancata notifica alla parte, affinchè la stessa eviti la decadenza, o altri effetti negativi, è necessario che si attivi tempestivamente per la rinotifica dell'atto.

Una volta venuta a conoscenza del fatto che la notifica non è andata a buon fine, la parte deve immediatamente attivarsi, innanzitutto per eliminare, ove sia nella sua possibilità, la causa che ha impedito la notifica.

Per esempio, se il destinatario ha comunicato un cambio di residenza il giorno prima della notifica, ovviamente la mancata formalizzazione della stessa non è imputabile alla parte (perchè essa ha sicuramente notificato all'indirizzo, ancora, risultante dai registri), tuttavia - una volta venuta a conoscenza del mutamento di indirizzo - la parte ha l'onere di verificare immediatamente il nuovo indirizzo.

Eliminate, ove possibile, senza indugio le cause della mancata notifica, la parte deve riattivare il procedimento di notifica, cioè rinotificare l'atto, entro un termine ragionevolmente breve.

Non è semplice stabilire in maniera precisa questo termine che sarà quindi valutato dal giudice caso per caso, tenute presenti le peculiarità di ogni singola fattispecie.

Se si da uno sguardo, comunque, alle decisioni della Corte di Cassazione, si può concludere che non debbano passare più di pochi giorni.

In particolare, con la sentenza n. 19986/2011, la Corte ha ritenuto tempestiva la rinotifica effettuata dopo 7 giorni dalla prima notifica e la sesta sezione, con l'ordinanza n. 24641/14 ha ritenuto tempestiva una nuova notifica richiesta dopo 6 giorni dalla prima notifica non andata a buon fine.

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Un possibile termine preciso

Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza resa a Sezioni Unite n. 14594/2016, ha stabilito che la ri-notifica dell'impugnazione deve avvenire entro un termine pari alla metà di quelli indicati dall'art. 325 c.p.c. decorrente dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza del fatto che la prima notifica non è andata a buon fine, salvo che non ricorrano situazioni di assoluta eccezionalità.

L'art. 325 c.p.c., dispone che l'appello debba essere notificato entro 30 giorni dalla notifica, mentre il ricorso per cassazione debba essere notificato entro 60 giorni dalla notifica.

Ne deriva che, nel caso in cui la prima notifica non sia andata a buon fine, la parte deve chiedere una nuova notifica entro 15 giorni nel caso di appello e 30 giorni nel caso di ricorso per cassazione, decorrenti dal momento in cui ha avuto notizia del fatto che la prima notifica non era andata a buon fine. Tali termini possono essere sforati solo nel caso in cui la parte dimostri una situazione di assoluta eccezionalità, come per esempio una comprovata ed oggettivamente particolare difficoltà nel reperire il nuovo indirizzo del destinatario.

La Corte argomenta che se il legislatore ha ritenuto i suddetti termini sufficienti a compiere attività ben più complesse di una notifica (e cioè la redazione di un atto di appello o un ricorso per cassazione, atti certamente molto complessi e che necessitano di approfondimento e studio massimi), deve certamente ritenersi più che sufficiente un termine pari alla loro metà per il compimento di un atto relativamente molto semplice come è la richiesta di una notifica.

Si riporta il principio di diritto per esteso.

La parte che ha richiesto la notifica, nell'ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell'esito negativo, per conservar gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento.
Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova.

Come si vede, nel dettare il principio di diritto, la Corte non ha precisato che i termini stabiliti siano da applicarsi al solo caso delle impugnazioni, ma nel corpo delle motivazioni lo ha chiaramente specificato.

Ritengo, comunque, che il principio dettato sia applicabile, e sarà in futuro applicato da successive sentenze, in generale a tutti i casi di rinotifica.

Ed infatti, il ragionamento della Corte è perfettamente estensibile ad ogni caso di rinotifica e non è limitato ai soli casi di impugnazione. Cioè, non è solo la notifica di un'impugnazione ad essere così relativamente semplice da potere essere, salvo casi eccezionali, richiesta entro un termine pari alla metà di quelli dettati per un atto molto complesso come l'appello o il ricorso per cassazione, ma lo è qualsiasi notifica in generale.

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