Studio Legale Mongiovì

Informazione giuridica a cura dell'Avv. Danilo Mongiovì

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Il nuovo divorzio breve



A far data dal 26 maggio 2015 è entrata in vigore la nuova normativa sul divorzio breve (Legge 6/05/2015, n. 55) che si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della riforma ed anche nell’ipotesi in cui a tale data risulti pendente il procedimento di separazione personale che ne costituisce la premessa.

Vi sottoponiamo una breve guida su cosa c’è da sapere.

Con la nuova disciplina, che modifica l’art. 3, c.1, lett. b) n. 2 della Legge n. 898/1970, è possibile richiedere il divorzio in tempi molto più rapidi di quelli previsti precedentemente.
La normativa afferma che la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere richiesta da uno dei coniugi, fermo restando gli altri casi previsti, quando “è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta”.

Alla luce della nuova normativa, in caso di separazione consensuale (anche a seguito di trasformazione della separazione da contenziosa in consensuale), si potrà richiedere il divorzio dopo 6 mesi dalla comparsa dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale nel procedimento di separazione personale.

In caso di separazione giudiziale il termine è invece di 12 mesi, da calcolare sempre dalla comparsa dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale.

Decorsi gli stessi termini, in alternativa all’ipotesi consensuale o giudiziale è possibile raggiungere un accordo di separazione, di divorzio e di modifica delle condizioni con l’assistenza un avvocato per ogni parte.

Il termine per poter azionare un procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio (6 o 12 mesi) dipende dunque dalle concrete modalità con cui si è giunti alla separazione personale dei coniugi.

  1. Divorzio contenzioso: viene azionato da uno dei coniugi, che si rivolge al tribunale chiedendo lo scioglimento del vincolo matrimoniale, eventualmente congiuntamente alle ulteriori domande azionabili (es. assegnazione casa coniugale, disciplina dei rapporti economici tra i coniugi, affidamento dei figli, addebito del divorzio, etc…).
    L’altro coniuge, con le proprie difese, potrà esporre le proprie ragioni ed avanzare ulteriori domande.
    Inizialmente i coniugi sono chiamati a comparire innanzi al Presidente del tribunale, che tenterà la conciliazione dei coniugi.
    Se la conciliazione non ha esito positivo, il Presidente, dopo aver ascoltato separatamente i coniugi, emette un’ordinanza contenente i provvedimenti temporanei ed urgenti nell’interesse dei coniugi e della prole, fissando la data di comparizione delle parti innanzi al Giudice istruttore designato per la fase di merito.
    In tale seconda fase la causa viene istruita (mediante escussione di testimoni, acquisizione di documenti, espletamento di consulenze tecniche, etc…) ed il procedimento si concluderà con una sentenza che può confermare o modificare il provvedimento presidenziale.
    La sentenza è impugnabile.
  2. Divorzio consensuale: il procedimento ha inizio con ricorso presentato dai coniugi congiuntamente, assistiti da uno o più avvocati, contenente le condizioni alle quali i coniugi intendono divorziare.
    Il tribunale, dopo aver tentato la conciliazione dei coniugi, emette una sentenza di “omologa” degli accordi raggiunti dai coniugi. Anche tale provvedimento è impugnabile.
    In caso di figli minori è obbligatorio l’intervento del Pubblico Ministero a tutela degli interessi dei minori.
  3. Negoziazione assistita dagli avvocati: costituisce una soluzione consensuale raggiunta dai coniugi, che sottoscrivono una convenzione contenente le condizioni del divorzio assistiti almeno da un avvocato per parte. Il procedimento deve essere definito in un lasso di tempo determinato dalle stesse parti che, in ogni caso, non può essere inferiore a 1 mese né superiore a 3 mesi (prorogabile di ulteriori 30 giorni su accordo delle parti).
    L’accordo, a pena di nullità, deve essere redatto per iscritto e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati.
    La convenzione può riguardare coniugi con o senza figli minorenni o con prole maggiorenne incapace o portatrice di handicap ovvero economicamente non autosufficiente.
    Qualora il coniuge decida di avvalersi della negoziazione assistita l’avvocato cui ha conferito mandato formulerà per iscritto l’invito all’altro coniuge, comunicando la volontà del proprio assistito di addivenire ad una risoluzione negoziata della controversia.
    L’invito deve contenere l’oggetto della controversia e l’avvertimento che, la mancata risposta ovvero il rifiuto ad accedere alla negoziazione assistita entro trenta giorni dalla ricezione, può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli art. 96 e 642 c.1, c.p.c..
    In assenza di figli minorenni o maggiorenni incapaci o non autosufficienti l’accordo concluso deve essere trasmesso (senza alcun termine) al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica competente per territorio che effettuerà una verifica sulla regolarità formale dell’accordo.
    In presenza di irregolarità non verrà concesso il “nulla osta” ed i coniugi dovranno rinegoziare l’accordo ovvero intraprendere la via giudiziale.
    Nell’ipotesi in cui siano presenti figli minori o maggiorenni incapaci o non autosufficienti l’accordo (nel termine perentorio di 10 giorni dalla sua conclusione), deve essere trasmesso al PM che effettuerà una verifica non solo formale ma anche sul contenuto dell’accordo, che potrà essere autorizzato solo se rispettoso dell’interesse dei figli.
    Ove il controllo abbia esito negativo, il PM trasmette l’accordo entro 5 giorni al Presidente del Tribunale.
    L’avvocato è tenuto a trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto, l'accordo autenticato dallo stesso, munito delle certificazioni. La trasmissione dovrà avvenire entro 10 giorni in presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o non autosufficienti.
  4. Divorzio dinnanzi all’ufficiale dello stato civile (Sindaco): i coniugi senza figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap ovvero economicamente non autosufficienti possono farsi assistere da un avvocato per la stipula di un accordo di separazione, divorzio o modifica delle condizioni che non contenga patti di trasferimento patrimoniale, ovvero qualsiasi pattuizione economica (non rientra nel divieto l’accordo in merito all’obbligo di pagamento di un assegno periodico di mantenimento, mentre resta fermo il divieto dell’obbligo di pagamento in unica soluzione).
    I coniugi comunicano personalmente la propria volontà all’ufficiale dello stato civile di far cessare gli effetti civili del matrimonio o di ottenerne lo scioglimento, secondo quanto tra loro concordato con atto compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni.
    I coniugi che hanno effettuato la dichiarazione saranno riconvocati non prima di 30 gg dall’ufficiale dello stato civile al fine di confermare l’accordo, che produrrà i propri effetti sin dalla data dell’accordo.

Scioglimento della comunione

A seguito della modifica dell’art. 191 c.c. (con decorrenza ed applicabilità anche ai procedimenti in corso ed anche ai procedimenti di separazione pendenti al momento della sua entrata in vigore), nella sola ipotesi di procedimenti giudiziali, lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi è stato anticipato all’udienza di comparizione dinanzi al Presidente, in cui i coniugi vengono autorizzati a vivere separatamente.
L’ordinanza che autorizza i coniugi a vivere separati sarà comunicata all’ufficio di stato civile per l’annotazione dello scioglimento della comunione sull’atto di matrimonio.

Segue il testo dell’articolo aggiornato:

Art. 191 c.c. Scioglimento della comunione

[I] La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l’annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
[II] Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.
[III] Nel caso di azienda di cui alla lettera d) dell’articolo 177, lo scioglimento della comunione può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall’articolo 162.
In caso di separazione consensuale lo scioglimento trova invece applicazione dalla data di sottoscrizione del verbale di separazione.



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ATTENZIONE: non sempre il verbale deve essere notificato. Leggi qui.


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