Cassazione Civile, sez. III, 25-07-2008, n. 20454
Cassazione Civile, sez. III, 25-07-2008, n. 20454
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. E. e C.R. hanno convenuto in giudizio davanti al tribunale di Palermo L.M. e la spa Norditalia Assicurazioni chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la morte del figlio V., avvenuta in seguito ad incidente stradale provocato dalla L..
2. Il tribunale di Palermo, decidendo la domanda, ha dichiarato la prescrizione del diritto fatto valere in giudizio dagli attori.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 27 marzo 2006, ha dichiarato la nullità dell'atto di appello proposto nell'interesse di uno dei soccombenti ed ha confermato nel resto la decisione impugnata.
3. C.E., R., P. e Ro. hanno proposto ricorso per Cassazione.
La spa Carige Assicurazioni ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo del ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 2934 c.c. e segg., e dell'art. 2947 c.c., n. 3.
Il ricorso è inammissibile, secondo le considerazioni di seguito indicate.
2. L'art. 366 bis cod. proc. civ., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, sotto la rubrica Formulazione dei motivi, al primo comma, dispone: nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto.
Ai sensi dell'art. 27 dello stesso D.Lgs., la norma si applica ai ricorsi proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
I motivi dei ricorsi per cassazione, proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati dopo il 2 marzo 2006, dunque, debbono concludersi con un quesito di diritto.
L'inosservanza della disposizione è sanzionata con l'inammissibilità del motivo o del ricorso.
La sentenza impugnata è stata emessa in data 27 marzo 2006: al ricorso, pertanto, si applica la disposizione dell'art. 366 bis citato.
2.1. Il fondamento della norma sta nell'esigenza di rendere più agevole la lettura del ricorso per Cassazione e, così, più immediata la percezione delle questioni da risolvere, nella prospettiva di una decisione rapida, che non si attardi nella ricerca degli aspetti critici della decisione impugnata, che la parte interessata non abbia chiaramente illustrato.
Per realizzare questi obbiettivi, è chiesto il contributo dei difensori delle parti, i quali, nella costruzione del ricorso per Cassazione, debbono abbandonare la tecnica della riproduzione dei motivi già svolti davanti al giudice del merito e debbono individuare i punti di diritto della decisione impugnata sui quali è chiesta una decisione diversa da quella adottata, indicando chiaramente e, quindi espressamente, il percorso da seguire per giungere alla diversa decisione chiesta, formulando apposito quesito di diritto.
2.2. L'applicazione della nuova norma alle diverse fattispecie astrattamente in essa richiamate è compiutamente illustrata dalle molte pronunce che si sono già avute sul tema.
Restano ancora da definire gli aspetti della funzione e del contenuto del principio di diritto.
2.3. La principale funzione del quesito di diritto è di avviare il giudizio verso una decisione tendenzialmente più rapida che in passato nella soluzione delle questioni di diritto. Solo secondariamente ed in ossequio all'esigenza di celerità della decisione, il quesito di diritto è funzionale alla determinazione dell'oggetto del giudizio.
Il quesito di diritto, infatti, è in primo luogo un valido strumento di selezione dei ricorsi in funzione della loro assegnazione ad una decisione adottata in camera di consiglio secondo la previsione dell'art. 375 cod. proc. civ., quando essi presentano profili di inammissibilità, quando ricorra l'esigenza di istaurare il contraddittorio nelle impugnazioni inscindibili o tra loro dipendenti oppure di notificare il ricorso ai litisconsorti nella cause scindibili o ancora quando sia necessario rinnovare la notificazione per altre ragioni, quando si deve dichiarare l'estinzione del giudizio di Cassazione e, soprattutto, quando i ricorsi si presentano manifestamente fondati o infondati.
Poichè il quesito di diritto è rivolto alla Corte nella sua composizione di organo giudicante e non al relatore designato, l'inammissibilità del ricorso per la mancanza o l'insufficienza del quesito, inoltre, può essere dichiarata anche nella pubblica udienza, quante volte il difetto o l'insufficienza si manifesti per la prima volta in quella sede.
Si consideri, infatti, che l'esame preliminare dei ricorsi è fatto non solo dal relatore designato per avviare la decisione in camera di consiglio o in udienza pubblica, ma anche per una rapida decisione del ricorso quando questo sia portato all'esame del collegio riunito nell'udienza pubblica.
2.4. Quanto al suo contenuto, nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, il quesito di diritto, espresso in forma assertiva o interrogativa e comunque libera, deve concludere il motivo o i motivi del ricorso.
Ciò, non già nel senso della sua redazione all'interno del ricorso, ma in quello di un'indicazione di chiusura del ragionamento svolto con il motivo: solo in questo senso, infatti, il quesito è conclusivo.
Il contenuto del quesito di diritto, infine, deve comprendere l'indicazione delle norme erroneamente interpretate o non considerate nella sentenza impugnata e della loro corretta interpretazione che si chiede alla Cassazione di confermare con riferimento alla soluzione criticata con il motivo o con il ricorso.
A questo scopo non sarebbe sufficiente la mera denuncia della violazione di legge, perchè in questo modo il quesito verrebbe a mancare, nè basterebbe una sintesi del motivo, perchè questa non sarebbe utile allo scopo. E' chiesta, invece, l'idoneità del quesito ad individuare l'oggetto del motivo, indipendentemente dalla fondatezza o dalla infondatezza, anche manifeste, di quest'ultimo.
Ciò, perchè dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico giuridica della questione, la Corte di cassazione deve poter individuare l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare.
Il che segna anche la diversità tra quesito di diritto e motivo, come questa Corte ha già indicato (sent. 17 luglio 2007, n. 15949;
SS.UU. 1 ottobre 2007, n. 20603 e 29 ottobre 2007, n. 22640).
Nè vale obbiettare che quest'ultima differenziazione è smentita dalla prevista decisione camerale e dall'esigenza della più celere definizione dei ricorsi; nel senso che il relatore diligente è sempre pronto a riferire alla udienza pubblica, che non vi sono differenze tra il riferire in camera di consiglio o all'udienza e tra la stesura di un'ordinanza o di una sentenza. Questi ultimi, infatti, sono fattori che dipendono dal corretto esercizio del potere di selezione dei ricorsi e non dall'errata configurazione della distinzione tra quesito e motivo.
Entro questi limiti, si può anche convenire con le affermazioni, che il quesito di diritto concorre a riaffermare la cultura del processo di legittimità, per la realizzazione della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, che il quesito di diritto risponde all'esigenza di soddisfare l'interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, che i quesiti formulati per ciascun motivo del ricorso consentono l'individuazione del diverso principio di cui è auspicata l'applicazione ad opera della Corte di Cassazione nel segno di una decisione diversa da quella impugnata (in questo senso, sia pure sotto profili diversi, le sentenze, SS.UU. 12 maggio 2008, n. 11650, 12 marzo 2008, n. 6530, 14 febbraio 2008, n. 3519, 29 ottobre 2007 n. 22640, 22 giugno 2007 n. 14682, 21 giugno 2007 n. 14385, tra le molte).
3. Nella fattispecie, l'unico motivo del ricorso si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: Dica la Suprema Corte se, ritenuto applicabile al caso in esame il termine di prescrizione ex art. 29411 c.c., comma 3, se le raccomandate ricevute dai convenuti in data 24 e 30 dicembre 1992 costituiscano validi atti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento del danno (in considerazione del fatto che la sentenza penale è divenuta irrevocabile 11 22.04.1991) e del fatto che l'atto di citazione risulta essere notificato l'11.11.1994) e se le stesse siano state prodotte in giudizio tempestivamente o tardivamente.
Il quesito non risponde ai requisiti prima enunciati, poichè non contiene indicativi riferimenti alla sentenza impugnata, perchè lamenta la violazione dell'art. 2934 c.c. e segg. e dell'art. 2947 c.c., n. 3, senza considerare che la decisione impugnata ha dichiarato anche la nullità dell'atto di appello di uno dei danneggiati, perchè non consente di ricavare le ragioni per le quali stata resa la dichiarazione di prescrizione e, infine, perchè prospetta solo in modo generico la violazione delle norme prima indicate.
4. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
Le spese di questo giudizio possono essere interamente compensate, ricorrendo giustificati motivi.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
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