Notificazione e nullità dell'atto consequenziale
La massima
Poiché la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato: poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal d.lg. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l'atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell'atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l'esistenza, o no, di tale pretesa.
Fatto e Diritto
1. La Copistampa s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 10/06/07, depositata il 12 marzo 2007, con la quale, in accoglimento dell'appello dell'Ufficio, è stata affermata la legittimità della cartella di pagamento emessa nei confronti della contribuente - per IRPEG relativa all'anno 1998 - a seguito dell'omessa impugnazione del prodromico avviso di accertamento.
Il giudice a quo ha respinto l'eccezione della contribuente di mancata notificazione dell'avviso di accertamento presupposto, osservando che "l'invio della raccomandata contenente l'avviso di accertamento è stato seguito dall'ufficio postale di Sesto San Giovanni: la raccomandata risulta spedita il 10.11.03 come da comunicazione rilasciata dall'Ente Poste e dal talloncino contenente il numero della raccomandata medesima"; inoltre, ha rilevato che la cartella "conteneva tutti gli elementi necessari per individuare l'avviso di accertamento, talchè l'appellata ben avrebbe potuto venire a conoscenza del contenuto del medesimo con specifica richiesta all'Ufficio".
L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2. Con il primo motivo di ricorso si pone il quesito "se, nell'ipotesi di mancata produzione dell'avviso di ricevimento della notifica dell'avviso di accertamento, tale notifica debba considerarsi invalida e conseguentemente debba dichiararsi l'illegittimità della cartella di pagamento in quanto non preceduta dalla regolare notifica al contribuente dell'avviso di accertamento".
Il motivo è manifestamente fondato (con assorbimento del secondo), sulla base dei seguenti principi:
a) in tema di notificazioni a mezzo posta quando debba accertarsi il perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, posto che la data del timbro postale sulla busta corrisponde a quella di smistamento del plico presso l'ufficio postale e non dell'effettivo recapito al destinatario, che può anche avvenire in data successiva, l'unico documento attestante la consegna a questi e la sua data è l'avviso di ricevimento della raccomandata, la cui produzione in giudizio è onere che grava sulla parte notificante, e alla cui mancanza - salva l'ipotesi di rilascio di un duplicato, ai sensi del D.P.R. 29.5.1982, n. 655, art.8 in caso di smarrimento - non è dato supplire con atti equipollenti, quali la dichiarazione di consegna rilasciata dal dirigente dell'ufficio postale (Cass. nn. 2572/1995, 16184/2009, 13639/2010);
b) poichè la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l'omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell'atto consequenziale notificato: poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D. Lgs. n. 546/1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l'atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall'omessa notifica dell'atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest'ultimo per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell'atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l'esistenza, o no, di tale pretesa (Cass., Sez. Unite, n. 5791/2008).
3. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio"; che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti; che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, rilevata preliminarmente l'inammissibilità del controricorso per tardività, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermati i principi di diritto ivi richiamati, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con l'accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente; che, mentre si ravvisano giusti motivi (anche in considerazione dell'epoca in cui si è formata la giurisprudenza sopra richiamata) per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito, l'intimata va condannata alle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l'Agenzia delle entrate alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2012
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