I rapporti patrimoniali tra i coniugi
La legge italiana consente ai coniugi di scegliere come regolare i propri rapporti patrimoniali.
Nell’ipotesi in cui i coniugi all’atto del matrimonio non abbiano effettuato espressamente una opzione diversa, i rapporti patrimoniali rientreranno nella comunione dei beni: “Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’art. 162, è costituito dalla comunione dei beni” (art. 159 c.c.).
Il regime di separazione dei beni può essere dichiarato nell’atto di celebrazione del matrimonio ed anche successivamente, con le modalità previste dalla legge.
Le convenzioni matrimoniali e le loro modifiche non possono essere opposte a terzi quando non risultano annotate a margine dall’atto di matrimonio.
Il regime patrimoniale dei coniugi concerne la disciplina dell’acquisto e della gestione dei beni dei consorti ed individua le facoltà ed i poteri degli sposi su di essi.
Il regime patrimoniale può essere legale (comunione dei beni) o convenzionale (separazione dei beni o altre convenzioni, ad es. fondo patrimoniale).
Nonostante l’ampia libertà riconosciuta dall’ordinamento ai coniugi nella gestione dei loro rapporti patrimoniali, quest’ultimi non sono totalmente autonomi in quanto:
“Gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio” (art. 160 c.c.);
La norma mira ad evitare che i coniugi possano convenzionalmente derogare il dovere di contribuzione previsto dall’art. 143 c.c.. Per tale ragione è stata sancita la nullità per illiceità della causa dell'accordo finalizzato a disciplinare gli aspetti economici di un eventuale divorzio.
“Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti” (art. 161 c.c.);
La norma impone ai coniugi di rendere conoscibili gli obblighi assunti con la convenzione che regola i loro rapporti patrimoniali. Ad esempio, se viene richiamata una legge straniera questa dovrà essere riprodotta nell'atto.
“È nulla ogni convenzione che tenda alla costituzione di beni in dote” (art. 166-bis c.c.).
La dote un tempo era formata dai beni che la moglie attribuiva in godimento al marito per aiutarlo a sostenere la famiglia. A seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha disciplinato i rapporti patrimoniali tra coniugi secondo un criterio di parità dei coniugi, dotando la famiglia di beni patrimoniali che appartengono ad entrambi, l’istituto della dote è stato abolito dal Legislatore che ha tuttavia previsto che "le doti e i patrimoni familiari costituiti prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori" (art. 227 L. 151/1975).
“I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, modificare il regime della comunione legale dei beni purché i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell’art. 161. I beni indicati alle lettere c), d) ed e) dell'articolo 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale. Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale” (art. 210 c.c.).
La norma impone i requisiti di forma previsti dall’art. 162 c.c. a tutela della parità tra i coniugi nei rapporti patrimoniali.
In mancanza di una diversa volontà espressa dei coniugi, i loro rapporti patrimoniali sono regolati secondo il principio della comunione legale dei beni.
Ai sensi dell’ art. 177 c.c. rientrano nella comunione:
a) Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione degli acquisti relativi ai beni personali (art. 179 c.c.);
b) I frutti dei beni propri di ciascun dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) I proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
d) Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
Nelle ipotesi b), c), d) si tratta di beni che appartengono durante il matrimonio al singolo coniuge ma faranno parte della comunione tra i coniugi qualora essa si sciolga e nella misura in cui ancora esistono (cd. comunione de residuo).
Sono invece beni personali del coniuge, e pertanto esclusi dalla comunione dei beni (art. 179 c.c.):
a) I beni di cui prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento.
In forza di tale disposto normativo si considera personale, e pertanto sarà escluso dalla comunione, tutto ciò che il coniuge possedeva o che abbia acquistato prima del matrimonio, in quanto tali beni sono stati conseguiti dal singolo coniuge senza richiedere il sacrificio comune.
b) I beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione.
La disposizione considera anche le cd. donazioni indirette.
c) I beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori.
Si considerano ad esempio beni strettamente personali l’orologio, la collana, gli orecchini, la cravatta, ovvero quei beni che sono effettivamente utilizzati da uno solo dei coniugi.
d) I beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione.
Non rientrano nell’elencazione i beni destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione (artt. 177 e 178). Anche in questo caso si dovrà fare riferimento alla destinazione concreta del bene ed alla sua funzionalità rispetto alla professione (ad es. il libro di anatomia presente in casa si riterrà appartenente al coniuge medico).
e) I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa.
Nel primo caso si fa ad esempio riferimento all'indennità assicurativa erogata in seguito ad un sinistro stradale, che ha la funzione di risarcire il coniuge dei danni fisici e morali subiti personalmente in conseguenza dell'illecito. Nella seconda ipotesi si fa riferimento ad ogni tipo di rendita percepita dal coniuge a seguito della perdita della capacità lavorativa da persone o enti pubblici o privati (es. INPS, INAIL, assicurazioni, ecc…).
f) I beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.
La norma fa riferimento ai beni mobili che derivano dalla vendita, dallo scambio o da altro trasferimento dei beni già esclusi dalla comunione.
g) L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.
La norma consente di escludere espressamente dalla comunione beni immobili o mobili registrati, per mezzo di una dichiarazione di esclusione resa all’interno dell’atto di acquisto, cui deve necessariamente partecipare l'altro coniuge. Per effetto di tale dichiarazione, l’esclusione sarà opponibile ai terzi ai sensi e per gli effetti dell'art. 2647 del cod. civ..
Si è già specificato che la separazione dei beni può essere chiesta dai coniugi o all’atto del matrimonio o successivamente nelle forme previste dalla legge.
Ciascun coniuge resta esclusivo titolare dei beni da esso acquistati durante il matrimonio, ne ha il godimento e l’amministrazione.
I coniugi possono decidere di modificare il regime patrimoniale per mezzo della comunione convenzionale.
Tale convenzione consente di optare per un regime patrimoniale in cui si escludono dalla comunione alcuni beni che normalmente vi rientrerebbero o, viceversa, si considerano in comunione alcuni beni che normalmente non vi rientrerebbero.
La convenzione deve comunque rispettare l’articolo 210 del Codice Civile.
Prima o durante il matrimonio, uno o entrambi i coniugi oppure un terzo, per atto pubblico o testamento, possono destinare beni immobili, mobili registrati o titoli di credito al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
La destinazione specifica dei beni crea un vincolo su di essi che non consente ai creditori dei coniugi di soddisfarsi su tali beni per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
La proprietà dei beni che costituiscono il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi ma nell’atto costitutivo del fondo può essere disposto diversamente. I beni del fondo vengono amministrati secondo quanto previsto dalla disciplina per la amministrazione dei beni della comunione legale.
- blog di Avv. Giuliana Mongiovì
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