L'ingiunzione Fiscale
L'ingiunzione fiscale è un ordine di pagamento emesso da un Ente Locale.
Se il soggetto intimato non paga entro un certo termine, l'Ente può attivare le procedure esecutive e pignorare i beni del debitore.
Si tratta di un antichissimo istituto del nostro sistema di diritto, regolato addirittura da un regio decreto del 1910 (il n. 639 del 14 aprile 1910).
Esso è stato creato per consentire allo Stato e agli Enti Pubblici di riscuotere le proprie entrate con una procedura più veloce rispetto a quelle utilizzabili dai privati.
Nel corso dei decenni, tale istituto è stato abbandonato, in favore della riscossione mediante ruolo.
Tuttavia, l'ingiunzione fiscale è risorta – con un'evoluzione legislativa che inizia alla fine degli anni novanta e culmina nel 2013 – come procedura utilizzabile dagli enti locali (Comuni, soprattutto), in alternativa all'affidamento all'Agente per la riscossione (Equitalia, Riscossione Sicilia ecc. ecc.), per la riscossione di entrate tributarie e patrimoniali locali.
Ad oggi, pertanto, ogni Comune può scegliere di (ma non è obbligato a) riscuotere le proprie entrate (imposte locali, sanzioni amministrative ed anche entrate patrimoniali) utilizzando l'ingiunzione fiscale, invece che la riscossione mediante ruolo attraverso Equitalia/Riscossione Sicilia.
Chi può emettere l'ingiunzione
L'ingiunzione fiscale può essere emessa direttamente dagli organi dell'Ente Locale, oppure da soggetti terzi, a ciò delegati dall'Ente medesimo.
In particolare, presso il Ministero delle Finanze è tenuto un albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
L'attività di riscossione può essere anche affidata ad una società con capitale interamente pubblico, alle seguenti condizioni:
- L'Ente possa controllarla come farebbe con i propri uffici;
- La società operi solo nell'ambito territoriale dell'Ente;
- La società realizzi la parte più importante delle proprie attività con quell'Ente.
E' da dire, però, che l'affidamento del servizio di riscossione a tali soggetti terzi, diversi dagli organi dell'Ente locale, non può comportare oneri aggiuntivi per il contribuente.
In altre parole, non possono essere scaricate sul destinatario dell'ingiunzione le somme necessarie per il mantenimento ed il pagamento dei soggetti terzi; al contrario di quanto avviene per la riscossione mediante ruolo, in seno alla quale, il contribuente destinatario degli atti di riscossione è tenuto a pagare l'aggio, cioè una somma (calcolata in percentuale sul dovuto) necessaria al mantenimento dell'Agente per la riscossione.
Prima dell'ingiunzione di pagamento, deve essere inviato al debitore un avviso di accertamento, se si tratta di somme di natura tributaria (es. tarsu), mentre ovviamente deve essere stato redatto un verbale nel caso si tratti di sanzione amministrativa (es. multa).
Per le entrate meramente patrimoniali, come quelle derivanti per esempio da contratti con i privati, può essere sufficiente anche una fattura.
Solo quando l'avviso di accertamento o il verbale sono diventati definitivi, si può procedere con l'ingiunzione.
Il contenuto dell'ingiunzione
Nell'ingiunzione deve essere indicata la somma richiesta, il termine per il pagamento, le conseguenze nel caso di inadempimento, i termini e l'autorità giudiziaria presso la quale ci si può opporre ed anche il titolo sul quale si fonda l'ingiunzione.
La stessa, cioè, deve essere motivata, nel senso che deve essere reso noto al destinatario per quale motivo gli si chiede quella certa somma.
Quando l'ingiunzione riguarda debiti di natura tributaria (es. tarsu, imposte sulla casa), si applica lo Statuto del Contribuente, cioè la L. 212/2000 ed in particolare l'art. 7, a norma del quale deve essere indicato il responsabile del procedimento e l'ufficio presso il quale si possono richiedere informazioni.
In ogni caso, all'ingiunzione è applicabile la legge n. 241/90 sulla Pubblica Amministrazione. Ed infatti il procedimento di ingiunzione fiscale ha certamente natura amministrativa.
Ne deriva che l'indicazione del responsabile è richiesta anche quando non si tratti di crediti di natura tributaria.
Il termine di pagamento/opposizione
In linea generale, il RD 639/1910 dispone che il debitore debba versare quanto richiesto, o opporsi all'ingiunzione presso l'autorità giudiziaria, nel termine di 30 giorni.
Nel caso, tuttavia, si tratti di debiti di natura tributaria, il termine è di 60 giorni e l'opposizione si presenta presso la Commissione Tributaria Provinciale, come si deduce dall'art. 21 D.Lgs. 546/92.
La notifica
Perchè possa spiegare i suoi effetti, l'ingiunzione va notificata al destinatario.
La notifica può essere effettuata attraverso spedizione postale direttamente dall'Ente che ha emesso l'ingiunzione (art. 10 L. 265/99).
Se la notifica non è effettuata secondo legge, tutti gli atti successivi all'ingiunzione fiscale sono da considerarsi invalidi.
Ed infatti, come già detto, il procedimento per ingiunzione fiscale ha natura amministrativa e, come per tutti i procedimenti di natura amministrativa, ad esso è applicabile il principio in base al quale l'invalidità di un atto comporta l'invalidità di tutti gli altri atti del procedimento che sono stati emessi successivamente.
Lo stesso principio si applica al procedimento di riscossione mediante ruolo.
L'opposizione
Come già accennato, contro l'ingiunzione fiscale può proporsi opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria entro 30 giorni, nel caso di crediti di natura non tributaria, e alla commissione tributaria provinciale, entro 60 giorni, nel caso di crediti di natura tributaria.
Nel primo caso, l'opposizione è introdotta con citazione presso il Giudice competente per materia e valore.
Così per esempio, per le sanzioni al codice della strada l'opposizione andrà effettuata con citazione presso il Giudice di pace.
Si tratta di un giudizio di accertamento negativo del diritto dell'Ente a chiedere le somme.
Nel caso di credito di natura tributaria, si procede con ricorso/reclamo dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale.
E' bene precisare che, in questo caso, l'ingiunzione è impugnabile solo per vizi propri. Cioè, stante il fatto che essa è preceduta da un avviso di accertamento, se il termine per impugnare quest'ultimo è scaduto, non può certo aggirarsi tale scadenza impugnando la successiva ingiunzione. Pertanto, non potranno farsi valere vizi che dovevano essere eccepiti contro l'avviso di accertamento.
Analoga considerazione deve svolgersi, nell'ambito delle somme di natura non tributaria, per le multe: con l'impugnazione dell'ingiunzione, non possono farsi valere vizi del presupposto verbale (es. notifica effettuata oltre i 90 giorni dall'accertamento, o questioni di merito relative alla violazione) se questo è ormai definitivo.
Va da sé che tali vizi, però, possono farsi valere se l'ingiunzione è il primo atto regolarmente notificato, perchè, per esempio, l'avviso di accertamento (per i crediti tributari) o il verbale (per le sanzioni amministrative) non erano stati regolarmente notificati.
L'esecuzione forzata
Se il debitore non versa quanto richiesto entro il termine indicato nell'ingiunzione né propone opposizione contro di essa, l'Ente può procedere con l'esecuzione forzata.
Può, cioè, pignorare i beni del debitore, venderli e soddisfare il proprio credito con il ricavato della vendita.
Le norme che regolano l'esecuzione forzata sono contenute nel codice di procedura civile. In particolare, all'ingiunzione fiscale si applicano tali norme, con le eccezioni dettate dal R.D. 639/1910. In quanto compatibili, inoltre, si applicano le norme del titolo II dpr 602/73.
E' bene precisare che l'ingiunzione fiscale assomma in sé tanto la funzione del titolo esecutivo, quanto quella del precetto. (Cass. 6448/03).
Ne deriva che l'esecuzione deve iniziare entro 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione. Questo termine rimane sospeso nel caso di opposizione all'ingiunzione e ricomincia a decorrere dal momento in cui questa è rigettata.
Se l'esecuzione non inizia entro il suddetto termine, l'ingiunzione perde la sua efficacia e sarà necessario notificarla nuovamente.
L'Ente creditore può procedere con il pignoramento mobiliare.
Ad esso, ovviamente, si applicano i noti limiti di legge riguardanti i beni impignorabili, come per esempio i beni indispensabili per i bisogni essenziali del debitore (abiti, tavoli, sedie) o per il suo lavoro (utensili, macchinari ecc.) o di particolare valore affettivo (fede nuziale).
Ovviamente, l'Ente può procedere anche al pignoramento presso terzi, anche in questo caso con i limiti dettati dalla legge, per esempio con riguardo a stipendi e pensioni.
Una particolarità contenuta nell'art. 10 del R.D. 639/10 è che nel caso del pignoramento mobiliare, se sono trascorsi più di 10 giorni senza che il debitore abbia versato la somma, l'Ente può procedere direttamente alla vendita con incanto dei beni pignorati, senza avvalersi dell'ufficiale giudiziario.
La vendita avviene a cura del segretario comunale o di un suo delegato.
E' possibile anche che l'ente proceda con il pignoramento immobiliare.
Nei prossimi giorni seguirà un articolo approfondito sull'esecuzione forzata.
- blog di Avv. Danilo Mongiovì
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