Rumore intollerabile - Risarcimento del danno
Con la recente sentenza n. 20927/15, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di immissioni - in particolare acustiche - che superino la normale soglia di tollerabilità, a norma dell'art. 844 c.c.
La massima:
Sono due le questioni affrontate dalla Corte che ritengo meritino di essere approfondite.
La prima riguarda i rapporti tra il citato art. 844 c.c. e le norme di legge e regolamentari che, in vario modo, disciplinano la materia in oggetto.
La Corte ha stabilito, ribadendo un orientamento già abbastanza consolidato (da ultimo Cass. 8474/15), che le suddette norme (come per esempio quelle contenute nella legge 447/95 e nel D.P.C.M. del 1997) sono volte a disciplinare i rapporti tra cittadino e PA ed hanno come scopo quello di tutelare l'interesse generale della collettività.
Diverso è invece l'ambito di applicazione dell'art. 844 c.c. che regola i rapporti tra privati ed è volta a tutelare specifici diritti ed interessi che hanno fondamento costituzionale ed anche comunitario come meglio si specificherà più avanti.
La conseguenza è che, anche laddove una certa attività sia conforme alle leggi ed ai regolamenti volti a regolare le immissioni di rumori nell'interesse generale e nella prospettiva del rapporto cittadino/PA, ciò non osta all'applicazione dell'art. 844 c.c. che regola i rapporti tra i privati.
Pertanto le immissioni acustiche possono violare l'art. 844 c.c. anche quando siano conformi ad altre leggi e regolamenti.
Ne deriva che sarà il Giudice, al cospetto del caso concreto, a valutare se una certa attività, pur conforme a leggi e regolamenti, produca o meno immissioni intollerabile secondo l'art. 844 c.c.
In particolare, secondo costante giurisprudenza, è da considerarsi intollerabile l'immissione di rumore che, in ore notturne, sia superiore di 3dB rispetto al rumore di fondo caratterizzante la zona.
Al fine di effettuare tale valutazione, inoltre, il Giudice non è tenuto a fare proprie le risultanze tecniche (o i metodi di indagine) previsti nelle normative suddette, ma può - e anzi deve - avvalersi della consulenza tecnica che è l'unico mezzo in grado di assicurare un accertamento che tenga conto della peculiarità della situazione concreta.
Quanto appena argomentato non è contraddetto dalla lettera dell'art. 6 ter inserito dalla legge di conversione 27/2/09 n. 13 nel testo del D.L. 30*12/2008 n. 208, il quale recita: "Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'art 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso"
La Corte ha precisato che a tale norma deve essere data interpretazione costituzionalmente orientata ed una tale interpretazione non può che condurre alla conclusione che il principio dell'accertamento in concreto della normale tollerabilità secondo l'art. 844 c.c. non può essere derogato.
Tale principio, infatti, ha fondamento costituzionale e comunitario.
La Corte Costituzionale con ordinanza n. 103/11 ha ritenuto, invero, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 citato affermando appunto che la norma va interpretata nel senso che essa non preclude l'applicazione dell'art. 844 c.c. e quindi così interpretata non è incostituzionale.
L'art. 844 c.c. infatti, come già accennato, tutela diritti ed interessi di rango costituzionale, quale il dritto al rispetto della vita privata e familiare, il diritto al riposto.
Del resto tali interessi hanno anche rango comunitario. Ed invero, la Convenzione europea dei diritti umani all'art. 8 protegge espressamente tale diritto e la Cote di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio, ponendolo a fondamento della tutela della vivibilità dell'abitazione e della qualità della vita all'interno di essa.
Infine, la Corte afferma che, laddove sia riconosciuto il carattere di intollerabilità dell'immissione, al danneggiato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale anche se egli non ha subito alcun danno biologico (cioè alla salute).
La Corte ha ribadito che, alla luce delle note sentenze del 2008 sul risarcimento del danno e la duplicazioni delle voci di esso, il danno biologico non è l'unico tipo di danno non patrimoniale il cui risarcimento è dovuto.
Al contrario, laddove il danno insista su un diritto o un interesse di rango costituzionale esso è da risarcirsi. Tale diritto non si esaurisce esclusivamente nel diritto alla salute.
Come abbiamo appena visto, infatti, anche il diritto alla tranquillità della vita familiare ha rango costituzionale e pertanto, ove violato, al danneggiato spetta il giusto risarcimento.
- blog di Avv. Danilo Mongiovì
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