IRAP e avvocato con studio e segretaria
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 9451/16 ha affrontato il problema del presupposto applicativo dell'IRAP ed ha enunciato il seguente principio di diritto:
- sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod prelumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Nella specie, la Corte ha affrontato il caso di un avvocato che, nel corso dei due gradi di merito, aveva ottenuto il rimborso di quanto versato a titolo di IRAP.
Ed infatti, durante le fasi di merito, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano stabilito che la presenza di un dipendente con mansioni di segretario e di beni strumentali costituiti per lo più da uno studio professionale, non fa scattare l'applicazione dell'IRAP, non potendosi riconoscere, in tale situazione, l'esistenza di una autonoma organizzazione.
Le Sezioni Unite, nel loro argomentare, prendono le mosse da una sentenza della Cassazione del 2007 (la n. 3676), con la quale, in estrema sintesi, si è stabilito che l'IRAP si applica in presenza di una autonoma organizzazione, a prescindere dal fatto che il soggetto passivo dell'imposta sia un imprenditore, una società o un esercente una libera professione, come un avvocato appunto ed a prescindere anche dal fatto che tale struttura organizzata sia di importanza prevalente rispetto al lavoro del titolare.
La corte, in quell'occasione, si rifaceva anche alla sentenza della Corte Costituzionale n. 156/01 con la quale il Giudice delle leggi aveva stabilito che l'IRAP non opera alcuna indebita equiparazione del reddito da lavoro autonomo al reddito d'impresa, perchè si tratta di un'imposta che incide su qualcosa di diverso dal reddito e cioè quel "qualcosa in più" (una sorta di valore aggiunto) dato da una struttura organizzata.
In conclusione, nel 2007 la Corte stabilì che, nel caso di esercente arte o professione, non esiste una soluzione assoluta e valida per tutti, ma è compito del giudice di merito stabilire, caso per caso, se si è di fronte ad una autonoma organizzazione.
Con la sentenza delle Sezioni Unite che si commenta, la Corte ha ritenuto opportuno precisare le conclusioni alle quale era arrivata la Cassazione nel 2007, pur ribadendo nel complesso la validità di quella impostazione.
In particolare, le Sezioni Unite hanno precisato che, affinchè il lavoro del collaboratore occasionale, o del dipendente, faccia scattare l'applicazione dell'IRAP, è necessario che tale lavoro concorra o si combini con quello del soggetto passivo al fine di produrre il servizio.
Questo non avviene quando l'avvocato (o il libero professionista in genere) si avvale di collaboratori o dipendenti che svolgano mera attività esecutiva o di segreteria.
Trattandosi infatti di mansioni meramente esecutive o di segreteria, esse non si combinano nè concorrono con il lavoro del professionista al fine di produrre il servizio; si tratta di mansioni, infatti, che potrebbe svolgere anche lo stesso avvocato.
Tuttavia, precisano le Sezioni Unite, se il professionista si avvale di più di un solo collaboratore o dipendete, allora il presupposto dell'IRAP si verifica.
Per quanto concerne l'impiego di beni strumentali, affinchè si possa applicare l'IRAP, è necessario che essi superiono secondo il comune sentire (di cui il Giudice di merito è portatore ed interprete, precisano le S.U.) il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività. Pertanto, la sola disponibilità di uno studio ordinario, non fa scattare l'applicazione dell'IRAP.
- blog di Avv. Danilo Mongiovì
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