Studio Legale Mongiovì

Informazione giuridica a cura dell'Avv. Danilo Mongiovì

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Corte cost. 18-03-2004, n. 98 (ord.)



Corte Costituzionale, ordinanza 18 marzo 2004, n. 98/2004

LA CORTE COSTITUZIONALE

Considerato in fatto

(omissis)

Considerato in diritto

1. La Corte di Cassazione dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consente che il ricorso in opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione possa essere proposto a mezzo del servizio postale, in alternativa al deposito presso la cancelleria del giudice competente.

La previsione, quale unica modalità di introduzione del giudizio, della consegna personale del ricorso in mani del cancelliere sarebbe – ad avviso del rimettente – non coerente con la struttura semplificata del procedimento e tale da ostacolare irragionevolmente l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale da parte del destinatario della sanzione.

2. La questione è fondata.

Questa Corte ha costantemente affermato l’esigenza, di carattere costituzionale, che le norme che determinano cause di inammissibilità degli atti introduttivi dei giudizi siano in armonia con lo specifico sistema processuale cui si riferiscono e non frappongano ostacoli all’esercizio del diritto di difesa non giustificati dal preminente interesse pubblico ad uno svolgimento del processo adeguato alla funzione ad esso assegnata (si veda, da ultimo, la sentenza n. 520 del 2002).

Non vi è dubbio, d’altra parte, che il procedimento di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di pagamento, quale disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, si caratterizzi per una semplicità di forme del tutto peculiare, all’evidenza intesa a rendere il più possibile agevole l’accesso alla tutela giurisdizionale nella specifica materia.

Una volta introdotto il giudizio, mediante il deposito in cancelleria del ricorso con l’allegata ordinanza (art. 22, terzo comma), l’opponente – cui è data facoltà di stare in giudizio personalmente (art. 23, quarto com­ma) – non è infatti gravato da alcun ulteriore incombente al fine della instaurazione del contraddittorio, essendo fatto carico alla cancelleria di provvedere alla notificazione alle parti del ricorso stesso e del decreto del giudice contenente la fissazione dell’udienza di comparizione (art. 23, secondo comma) cui pure si provvede d’ufficio, così come ad ogni comunicazione e notificazione nel corso del processo (art. 23, nono comma) – può essere disposta anche senza formulazione di capitoli (art. 23, sesto comma).

Gli atti del processo e la decisione – ad ulteriore conferma della volontà legislativa di favorire il ricorso alla tutela giurisdizionale, nella materia delle sanzioni amministrative, nonostante il valore generalmente modesto della controversia – sono infine esenti da ogni tassa e imposta (art. 23, decimo comma).

In relazione a tale semplificata struttura processuale, la previsione del necessario accesso dell’opponente (o del suo procuratore) alla cancelleria del giudice competente al fine di depositare personalmente il ricorso – con esclusione della possibilità di utilizzo, a tale scopo, del servizio postale, viceversa largamente impiegato dalla parte pubblica per le proprie comunicazioni e notifiche – appare non solo incongrua nel suo formali­smo, e perciò lesiva del generale canone di ragionevo­lezza, ma altresì tale da rappresentare – in palese con­trasto con la ratio legis – fattore di dissuasione anche di natura economica dall’utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale, in considerazione tra l’altro dei costi, del tutto estranei alla funzionalità del giudizio, che l’intervento personale può comportare nei casi, certa­mente non infrequenti, in cui il foro dell’opposizione non coincida con il luogo di residenza dell’opponente.

Le esigenze di certezza che il deposito personale mira a realizzare riguardo all’instaurazione del rapporto processuale, possono d’altra parte essere allo stesso modo garantite attraverso l’utilizzo del plico raccomandato, espressamente previsto ad analoghi fini dallo stesso codice di rito (art. 134 disp. att. C.P.C.).

Con la precisazione che – alla stregua dei principi enunciati in tema di procedimenti notificatori nelle sentenze di questa Corte n. 28 del 2004 e n. 477 del 2002 – l’opposizione dovrà ritenersi tempestiva purché la spedizione del plico sia intervenuta entro il termine previsto dal primo comma dell’art. 22 in esame.

3. In ragione del rilevato contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, va conclusivamente dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma denunciata, nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale al fine del deposito del ricorso in opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione.

Per questi motivi

la Corte Costituzionale

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale per la proposizione dell’opposizione;

dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del predetto art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Mestre, con l’ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 996 del 2003).



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